Cultura

Un antisemitismo molto sociale

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Articolo su Il Foglio

– La maggioranza degli europei detesta i musulmani e disprezza i rom, in parecchi hanno una pessima opinione anche sugli ebrei. Lo dice una ricerca del “Pew Research Institute” ripresa recentemente dal “Washington Post”, e a prima vista non sembra uno scoop. Che nell’Europa in crisi economica e in crisi di identità cresca l’ostilità verso le minoranze più riconoscibili nella loro diversità – culturale, religiosa, etnica – è un dato di banale evidenza sia induttiva (la xenofobia come reazione canonica di comunità che si sentono “insicure”) che deduttiva (l’avanzata elettorale delle forze nazionaliste e “anti-immigrati”, il ripetersi di attentati contro immigrati islamici e comunità ebraiche).Però i numeri messi in fila dal “Pew Research Institute” colpiscono ugualmente. Colpisce intanto che il risentimento verso islamici e rom in quanto gruppi non assimilati sia più diffusa dove essi sono meno numerosi (per decenni si è teorizzato il contrario: per esempio che un Paese come l’Italia era meno razzista perché meno toccato dai fenomeni di immigrazione). Così, in Francia, Germania e Gran Bretagna, cioè nei Paesi europei a più elevata presenza islamica, meno di una persona su tre si mostra ostile ai musulmani, mentre in Italia e in Grecia, dove i musulmani sono assai di meno, la percentuale degli islamofobi sale sopra il 50%. Quanto ai rom, la Spagna è il Paese europeo dove ne vivono di più (650 mila) e quello dove l’ostilità nei loro confronti è meno diffusa (riguarda solo il 40% degli spagnoli, contro l’85% dell’Italia e il 66% della Francia).

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L’Europa al voto vista da Auschwitz

Auschwitz-Birkenau

Articolo sull’Unità

Oggi mi trovo in Polonia, a Oswiecim: Auschwitz in tedesco. Qui settanta anni fa, il 23 maggio 1944, furono ammazzati perché ebrei un fratello (Giovanni) e tre sorelle (Eva, Gina, Valentina) di mio nonno Angelo Della Seta con le loro famiglie: Jacopo Franco marito di Gina; Enrico Di Capua marito di Eva; Angelo e Elda Di Nola marito e figlia di Valentina; Mario e Renzo Roccas marito e figlio di Elda (Mario e Renzo furono ammazzati alcuni mesi dopo gli altri). Mio nonno non c’era, era morto di malattia quattro anni prima. Non c’era neanche mio padre Piero: per sua (e per mia) fortuna si era allontanato dalla famiglia d’origine e avvicinato a una nuova, quella del Partito comunista clandestino. Anche per questo quando ad aprile 1944 i suoi zii e cugini vennero arrestati dai fascisti a Chianni, vicino a Pisa, dove credevano di stare al sicuro, poi portati nel carcere di Firenze, infine consegnati ai nazisti e deportati nel campo di Fossoli e da qui ad Auschwitz, lui invece si trovava a Roma come la madre Jole e la sorella Giovanna, ben nascosti da qualche parte grazie ad amici, preti, comunisti. Tutti e tre si salvarono dai nazisti, tutti e tre il 4 giugno 1944 – senza sapere che una settimana prima un pezzo della loro famiglia era stato distrutto ad Auschwitz – poterono festeggiare la liberazione della città.

Visitando le baracche ben conservate dello sterminato campo di Auschwitz mi sono venute in mente le parole scritte da Edgar Morin e Mauro Ceruti in un libro recente e bellissimo che s’intitola “La nostra Europa”. L’Europa metanazionale – così Morin e Ceruti – è figlia della barbarie, del male assoluto simboleggiato da Auschwitz e anche del rifiuto di quell’altro male profondissimo che fu lo stalinismo. Ma questa Europa che fra errori, parziali fallimenti, viltà, ritorni indietro non ha mai smesso di cercare la via dell’unità, della cittadinanza europea, è figlia soprattutto dell’improbabile: “Le sorti della seconda guerra mondiale – ricordano Morin e Ceruti – vissero un rovesciamento drammatico nell’inverno 1941-1942. In soli due mesi, il probabile della vittoria nazista iniziò a diventare improbabile; l’improbabile della vittoria alleata iniziò a diventare probabile”. Read More…

Opportunismo fiorentino

Machiavelli_AF

Articolo su “Il Foglio”

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Niccolò Machiavelli nacque a Firenze nel 1469, 506 anni prima di Matteo Renzi (1975). Forse lo stilista Roberto Cavalli pensava a lui, a Niccolò predecessore di Matteo, quando pochi giorni fa ha dichiarato – per testimoniare la sua “smisurata” fiducia nell’amico Renzi – che a Firenze viene al mondo un grande uomo ogni mezzo millennio. Peraltro, tra Machiavelli e Renzi corrono oggettive analogie. Una su tutte: tra le sue opere in versi, l’autore del “Principe” scrisse quattro “capitoli”, brevi poemi dedicati rispettivamente all’Occasione, alla Fortuna, all’Ingratitudine, all’Ambizione. Tutti e quattro, come si capisce, richiamano con evidenza l’epopea renziana.

Particolarmente adatto all’attuale vicenda dell’ex-sindaco di Firenze oggi Presidente del consiglio è il capitolo in cui Machiavelli descrive l’Occasione come figura allegorica femminile: “Chi se’ tu, che non par’ donna mortale/di tanta grazia el Ciel t’adorna e dota?/Perché non posi? e perché a’ piedi hai l’ale?/Io son l’Occasione, a pochi nota,/e la cagion che sempre mi travagli/è perch’io tengo un pie’ sopra una rota./E tu, mentre parlando el tempo spendi,/occupato da molti pensier vani,/già non t’avvedi, lasso, e non comprendi/com’io ti son fuggita tra le mani”. L’Occasione – il “kaïros” dei greci, la “occasio” dei latini – ha un posto importante nel pensiero di Machiavelli: è l’anello di congiunzione tra Fortuna e Virtù, doti indispensabili per ogni buon Principe. E’ la condizione propizia che arriva improvvisa, spesso inattesa, frutto del caso e comunque di circostanze oggettive ed esterne (“occasio” significa ciò che cade – “casus” – davanti – “ob”). M:a per afferrarla serve una seconda condizione, questa squisitamente soggettiva: la Virtù.

L’Occasione di Machiavelli ha molto a che fare con il concetto di “opportunismo”, largamente utilizzato in queste settimane per descrivere, e quasi sempre per censurare, la spettacolare, fulminante disinvoltura con cui Matteo Renzi prima ha chiuso in pochi giorni un accordo col “pregiudicato” Berlusconi sulla nuova legge elettorale e poi è passato in 48 ore dall’escludere, almeno pubblicamente, l’ipotesi di sostituire Letta senza un passaggio elettorale, alla scelta altrettanto rivendicata di sfiduciare il medesimo Letta e guidare lui senza elezioni un nuovo governo. In effetti, l’”opportunismo” di Renzi può ben essere aggettivato come “machiavellico”, ma a patto di rifiutare per entrambi i termini lo scivolamento semantico che ne ha progressivamente sfigurato il senso originario. Read More…

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