Società

“Gente del popolo”, ma restano razzisti. E il Pd discute di poltrone

torsap

Articolo su Huffington Post –

Una rosa è una rosa e un razzista è un razzista. Anche a Roma, anche a Tor Sapienza.
E’ vero: sono persone semplici, gente del popolo costretta a vivere da decenni in un quartiere che è degradato da sempre (e in ogni caso da molto prima che ci arrivassero gli immigrati). Ma quelli che a Tor Sapienza urlano insulti schifosi contro gli immigrati, minorenni compresi, ospitati nel centro di accoglienza, che vogliono cacciarli e non vogliono condividere con loro neppure gli stessi bar e marciapiede, che danno la caccia al “negro” e al musulmano per vendicare un tentativo di stupro compiuto da chi non è “negro” né musulmano, vanno chiamati per nome: spregevoli razzisti.

E’ una guerra tra poveri? Certo. L’atteggiamento pregiudizialmente anti-immigrati di buona parte degli abitanti del quartiere è lo sfogo di una condizione sociale degradata, il risultato di uno dei tanti esperimenti romani di “anti-urbanistica”? Sicuramente. Ma le spiegazioni sociologiche non cancellano un dato di realtà: a Tor Sapienza non tutti i “poveri” sono uguali. Quelli italiani stanno molto meglio degli stranieri, non sono dovuti scappare da casa loro per la miseria e le guerre e non si trovano privati di ogni diritto civile, sociale, politico. Poi è falso che tutti gli abitanti (italiani) di Tor Sapienza si riconoscano in quelle bande di esagitati e incivili, somiglianti non solo metaforicamente agli ultrà da stadio, che assaltano immigrati e forze dell’ordine; e sarebbe ora che i tanti di Tor Sapienza che razzisti non sono, escano allo scoperto, rifiutino ad alta voce l’etichetta di razzista che minaccia di restare appiccicata sul quartiere. Read More…

Liguria e non solo: se troppi morti per alluvioni sono un “delitto”, chi è “l’assassino”?

frana

Articolo  su Huffington Post –  

Ormai lo dicono persino i politici: se ad ogni pioggia eccezionale non solo pezzi d’Italia vanno sott’acqua ma muoiono persone – le ultime aChiavari e a Biella – questo non è colpa del caso ma del “malgoverno” del territorio. Insomma non è una fatalità: è la conseguenza coerente e inevitabile – oggi ingigantita dai cambiamenti climatici che vedono il moltiplicarsi di fenomeni estremi – di scelte pubbliche che nel corso degli anni, dei decenni, hanno sistematicamente incoraggiato un consumo di suolo esagerato, improprio e spesso del tutto illegale. Il ministro dell’ambiente Galletti si è spinto più in là: ha dichiarato che il dissesto territoriale che colpisce buona parte d’Italia, trasformando sempre più spesso temporali di stagione in vere catastrofi, è figlio in particolare dei condoni edilizi che hanno legalizzato migliaia di case costruite illecitamente in zone insicure e hanno incentivato nuovo abusivismo. Ha aggiunto il ministro: i condoni edilizi vanno considerati come “tentati omicidi”.

Tolto quel “tentati”, concordiamo al 100 per 100 con Galletti. Ma se c’è un “delitto”, se c’è un omicidio, occorre cercare gli “assassini”. Nel caso dei tre condoni edilizi generalizzati varati in Italia in meno di 20 anni, l’indagine è semplicissima: il primo, 1985, fu fatto dal governo Craxi e votato da tutti i “soci” dell’allora pentapartito dalla Dc al Psi. Gli altri due, 1994 e 2003, portano la firma di governi Berlusconi. L’ultimo, per dire, è stato votato anche dal partito, l’Udc, nel quale tuttora milita il ministro Galletti. Come attestano le stime di Legambiente e Cresme, i tre condoni edilizi hanno fatto da potente volano all’attività edilizia illegale. Solo fra il 2003, anno dell’ultima sanatoria, e il 2011 sono state costruite 258 mila case abusive, per un giro d’affari vicino ai 20 miliardi: un business dunque rilevantissimo, che si concentra prevalentemente ma non solo nelle regioni meridionali e costituisce uno dei campi di attività preferiti delle ecomafie. Read More…

Occorre dire basta alla “patrimoniale” del dissesto idrogeologico. Senza messa in sicurezza e’ tassa a fondo perduto di 3,5 mld all’anno

DISSESTO

“Occorre dire basta alla ‘patrimoniale’ del dissesto idrogeologico che ogni anno impone ai cittadini italiani un tributo pesantissimo in termini economici e di sicurezza.Frane e alluvioni in Italia continuano ad aumentare anche per effetto dei cambiamenti climatici in atto che stanno già moltiplicando gli eventi metereologici estremi : da poco più di 100 eventi l’anno tra il 2002 e il 2006 siamo gradualmente arrivati ai 351 del 2013 e alle centinaia che hanno già flagellato l’Italia quest’anno, con le conseguenze tragiche di Genova e Carrara. O si mettono realmente sul piatto i 40 miliardi di euro necessari per mettere in sicurezza il suolo italiano dal rischio idrogeologico, o il nostro Paese è condannato a rassegnarsi e a pagare una tassa a fondo perduto, perché il costo complessivo dal 1994 ad oggi per rimediare ai danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni dal 1994 è di 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi l’anno, e gli eventi luttuosi e gli sfollati continueranno ad essere una tragica costante”.

Lo dichiara l’esponente di Green Italia Roberto Della Seta, già presidente nazionale di Legambiente, intervenuto oggi a Sky Tg 24.

“Aver sostanzialmente fermato per un giorno una metropoli come Roma per motivi precauzionali – continua Della Seta –  significa incidere negativamente sull’economia della città, ma è una scelta inevitabile se alle parole non seguono i fatti: in Italia in mezzo secolo il consumo di suolo è aumentato più del doppio, e si continua a cementificare senza sosta, urbanizzando le aree classificate a  rischio idrogeologico, con abitazioni, interi quartieri, insediamenti industriali e attività produttive nelle aree di espansione naturale dei corsi d’acqua o dei versanti montuosi instabili”.

“E’ la scienza,  e anche  l’esperienza quotidiana,  che ci dicono che la radicalizzazione degli eventi atmosferici è dovuta in gran parte all’innalzamento della temperatura terrestre, per cui l’Italia deve giocare con l’Europa la vera sfida globale dei nostri tempi, puntando a target ambiziosi e vincolanti in termini di riduzione dell’inquinamento. Sulla messa in sicurezza del territorio l’Italia deve invece affrontare da sola la partita, con una posta in palio che è veramente altissima” – conclude Della Seta.

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