Spiagge in vendita: perché era la madre di tutte le porcate

spiaggia

Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post

Altro che “porcellum”. La proposta di vendere le nostre spiagge per fare cassa – messa nero su bianco da tutto il Pdl e, ahinoi, anche da alcuni senatori Pd che solo all’ultimo l’hanno ritirata – è davvero la madre di tutte le “porcate”. Si può prenderla a ridere, citando Totò che vendeva la Fontana di Trevi a un turista americano, ma il tema è terribilmente serio perché in gioco ci sono la difesa del paesaggio italiano e il grande tema dei beni comuni irriducibili a merce.

In realtà l’idea di vendere ai privati le spiagge non è nuova, anzi rappresenta uno degli esempi più ricorrenti di questi anni di liberismo italiano “all’amatriciana”. A lanciare per primo il sasso fu nel 2005 l’allora ministro dell’economia Tremonti, che propose testualmente: “Vendiamo tutte le spiagge, e con il ricavato finanziamo strutture utili al turismo del sud, come gli aeroporti a 4 piste”. La sparata di Tremonti riassumeva con impareggiabile chiarezza uno dei chiodi fissi del berlusconismo: l’assalto al territorio, la vocazione a consumare più suolo possibile, a favorire l’abusivismo edilizio e a cancellare ogni regola urbanistica che ha partorito due condoni edilizi generalizzati e innumerevoli piani casa. Provvedimenti naturalmente inutili ad affrontare il dramma, vero e urgente, del disagio abitativo che assilla milioni di italiani, invece utilissimi a premiare i corsari del cemento selvaggio, ecomafie comprese.

La sdemanializzazione e la vendita delle spiagge coronerebbe questa ossessione che ha già causato la manomissione di tanto territorio italiano. Le spiagge verrebbero definitivamente sottratte all’uso e al controllo della collettività, chi le compra potrebbe in santa pace ricoprirle di alberghi, ristoranti, villaggi turistici. Il tutto non servirebbe, in questo caso, a costruire nuovi aeroporti, ma a finanziar l’abolizione definitiva dell’Imu sulla prima casa anche per i più ricchi. Insomma: si venderebbe a pochi un patrimonio che è e deve rimanere di tutti, e così si risparmierebbe anche a quanti hanno redditi di centinaia di migliaia di euro il “fastidio” di pagare qualche spicciolo per la casa dove abitano.

Porcata nella porcata, una proposta analoga come si è detto l’avevano avanzata anche 9 senatori del Pd, fortunatamente smentiti dal segretario Epifani, dal viceministro Fassina, da Zingaretti e Rossi presidenti di Lazio e Toscana. I “magnifici 9” hanno sostenuto che la loro bella idea nasceva dall’esigenza di rimediare a una direttiva europea, la Bolkenstein, che obbliga a mettere a gara ogni 4 anni le concessioni balneari e per questo danneggerebbe le piccole imprese balneari a gestione familiare. Giustificazione francamente ridicola: è come se per protegge un malato grave dagli effetti collaterali di un farmaco salvavita si preferisse finirlo a bastonate.

La speranza è che questa infelice trovata di regalare ai privati le spiagge italiane finisca definitivamente nel nulla. Dopo di che bisognerà mettere in testa ai protagonisti delle attuali fantasmagoriche larghe intese – il Pdl, i “distratti” del Pd – che l’Italia, le sue risorse, le sue bellezze non sono “cosa loro”, che la sopravvivenza del governo Letta non vale l’agonia di ciò che resta del “bel paese”.

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