Alla Camera si è dimesso Bray e rientra Vico. Pessima notizia per Taranto

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“Dobbiamo fargli uscire il sangue a Della Seta”. Così si esprimeva Ludovico Vico parlando al telefono con Girolamo Archinà, il 1° ottobre 2010, del suo collega di partito “non allineato” nel sostegno ai Riva padroni dell’Ilva. La conversazione è agli atti dell’ordinanza del G.I.P. di Taranto del novembre 2012 relativa all’inchiesta Ilva, ora torna di qualche attualità perché lo stesso Vico, all’epoca dei fatti parlamentare Pd, rientra in Parlamento per effetto delle dimissioni di Massimo Bray.“In questo caso – dichiarano Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, già senatori Pd e che furono i soli parlamentari democratici a votare contro i decreti ‘salva-Ilva’  del Governo Monti – il problema non è giudiziario perché Vico non è sotto processo. E’ invece un immenso problema politico e di etica pubblica: Vico ha tenuto per anni rapporti di stretta comunanza con i Riva, che nel frattempo avvelenavano impunemente lavoratori e cittadini. Da parlamentare, ha cercato di fermare i pochissimi che nel suo partito consideravano l’Ilva di Taranto un bubbone intollerabile. Malgrado tutto questo il Pd nel 2013 l’ha ricandidato in Parlamento, malgrado tutto questo ora Vico ritorna deputato. Davvero una notizia pessima per la città di Taranto e una pagina nera per il Partito democratico. Per quanto ci riguarda, diciamo che anche noi come probabilmente Vico non abbiamo cambiato idea: lui se ne infischia del terribile impatto ambientale e sanitario di questa ‘fabbrica dei veleni’, noi restiamo convinto che il lavoro a Taranto si può salvare solo insieme alla salute, intervenendo rapidamente e senza sconti contro l’inquinamento dell’Ilva”.

Netanyahu mi ricorda Salvini: cavalca il peggio del suo popolo ma ne tradisce l’anima

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Articolo  su Huffington Post –

Tra i tanti pensieri che mi ha fatto venire in mente l’inattesa vittoria di Bibi Netanyahu nelle elezioni israeliane – rabbia, sorpresa, preoccupazione per il futuro di una nazione che amo molto -, uno riguarda l’Italia e ha la forma di un parallelo tra Netanyahu e Matteo Salvini. L’accostamento, lo capisco, è azzardato, soprattutto per le differenze vistosissime tra i due personaggi – Bibi dominatore incontrastato della politica israeliana da un decennio, Matteo che sebbene in ascesa raccoglie per ora un consenso largamente minoritario – e tra i due loro Paesi: Israele si trova immersa in una spirale tragica di guerre e di sangue che dura da mezzo secolo, l’Italia è alle prese con problemi seri e anche dolorosi ma fortunatamente assai meno drammatici.

Dov’è allora secondo me l’analogia tra il premier israeliano e il leader leghista? Entrambi, mi pare, sono bravissimi a cavalcare il peggio dei sentimenti, della mentalità dei loro popoli, ma entrambi, dei loro popoli, tradiscono l’anima.

Netanyahu per esempio si propone come difensore intransigente della tradizione da cui è nato lo Stato di Israele, ma in realtà non ha niente a che spartire con l’idea sionista di Theodor Herzl, di Ben Gurion, di Golda Meir, di Yitzhak Rabin; che era, certo, anche un’idea nazionalista, il sogno poi realizzato di costruire uno Stato sovrano che fosse “patria” per tutti gli ebrei, ma conteneva una profondissima radice solidale, umanistica. I padri sionisti con rare eccezioni (vi è stato anche un sionismo di estrema destra) erano socialisti, e anche nelle fasi di scontro irriducibile con gli arabi hanno sempre tenuta socchiusa una finestra verso la pace; Netanyahu invece, nelle sue politiche economiche e sociali come in politica estera, è la negazione di quella utopia sociale e solidarista. Read More…

Leggi per rottamare il paesaggio e i centri storici in Toscana e in Sicilia. È questo il nuovo Pd?

Articolo su Huffington Post –

Diceva Agatha Christie che un indizio è solo un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi sono una prova. Applicata alle politiche del “nuovo” Pd in fatto di tutela dell’ambiente e dei beni culturali, la regola della regina del “giallo” non lascia dubbi: nel Partito democratico, a Roma come in “periferia”, regna un supremo disinteresse per la difesa della bellezza italiana.

Primo indizio – ormai purtroppo una legge dello Stato – è il decreto “sblocca-Italia” che apre ad un piano indiscriminato di trivellazioni petrolifere a terra e in mare. Programma pieno di rischi per l’ambiente e totalmente fuori tempo e fuori luogo: oggi che il mondo intero ha cominciato a correre verso la fuoriuscita dall’era del petrolio e verso un modello energetico fondato su efficienza e fonti pulite, l’Italia per raschiare qualche fondo di barile di oro nero – i nostri giacimenti sono quantitativamente scarsi e qualitativamente scadenti – riempie di buchi il proprio territorio e i fondali marini lungo le proprie coste.

Il secondo e il terzo indizio, quelli che insieme al primo fanno una prova, sono di questi giorni. In Toscana il Consiglio regionale si accinge ad approvare una serie di modifiche al piano paesistico proposte da Pd e Forza Italia, e sostanzialmente sostenute dal presidente Rossi, che avrebbero tra i loro effetti una vastissima “deregulation” delle attività estrattive nell’area delle Alpi Apuane e una spinta formidabile alla privatizzazione e all’ulteriore cementificazione di spiagge e litorali. Read More…

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