Liberi e uguali, fidatevi dei marziani Grasso, Muroni e Boldrini

Rossella-MuroniArticolo su Huffington Post con Francesco Ferrante –

Dalle parti di “Liberi e uguali” c’è insofferenza verso Pietro Grasso, Rossella Muroni e Laura Boldrini, le “new entry” delle ultime settimane?

Parrebbe di sì leggendo su queste pagine un recente articolo di Alessandro De Angelische riferisce di presunti “mal di pancia” dei soci fondatori della nuova formazione nei confronti del presidente del Senato (“nessun messaggio politico, emotivo, in grado di stabilire una connessione sentimentale con quel famoso popolo che è ‘andato nel bosco’”), della Boldrini che pretenderebbe di portare in Parlamento “la bracciante sfruttata, la vittima di soprusi e così via”, dell’ex-presidente di Legambiente Rossella Muroni voluta da Grasso per coordinare la campagna elettorale di “LeU”.

Parrebbe di sì anche leggendo il post pubblicato su “Lettera43” da Peppino Caldarola, già dirigente del Pci e dei Ds e voce autorevole dei post-comunisti “non pentiti”, che contesta l’indicazione di Muroni come “co-leader” al fianco di Grasso di “Liberi e Uguali”: troppo “verde” e troppo poco “rossa”, e inopinatamente preferita a politici di esperienza.

Non sappiamo se e quanto le ricostruzioni di De Angelis e le preoccupazioni di Caldarola rappresentino fedelmente gli umori che si respirano in “Liberi e uguali”: il punto di vista dell’osservatore, come insegna la fisica moderna, spesso interagisce con i fenomeni osservati… Ma le loro analisi colgono un punto indiscutibile: Grasso, Boldrini, Muroni hanno in comune una sostanziale estraneità alla storia recente della sinistra politica italiana, o meglio dei suoi gruppi dirigenti, nel senso che non hanno avuto ruoli nei primi dieci anni di vita del Pd né hanno condiviso scelte e percorsi della cosiddetta sinistra radicale. Fino a ieri o all’altro ieri tutti e tre facevano altro: Grasso il magistrato, prima capo della Procura di Palermo e poi procuratore nazionale antimafia dal 2005 al 2012; Laura Boldrini il portavoce per il Sud Europa dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati; Rossella Muroni fino a pochi giorni fa la presidente nazionale di Legambiente, la principale associazione ecologista italiana dove è stata impegnata per più di vent’anni. Read More…

Ambiente, legislatura da zero assoluto

plastiche-e1513083679148Pubblicato su strisciarossa.it

Che legislatura è stata questa agli sgoccioli per le politiche ambientali? Zero assoluto con un unico premio di consolazione.
Il premio, bisogna dire, è consistente: la legge sugli ecoreati che il mondo ambientalista con in testa Legambiente invocava da vent’anni, approvata con un voto largo e trasversale che ha visti schierati a favore il Pd, i Cinquestelle, la sinistra. Le nuove norme segnano un cambio d’epoca: per la prima volta entra nel codice penale la categoria dei crimini contro l’ambiente, primo tra tutti il disastro ambientale con pene tra 5 e 15 anni. Per intendersi: dall’Eternit di Casale Monferrato (la fabbrica dell’amianto) all’Ilva di Taranto, con un reato così la magistratura avrebbe avuto strumenti assai più efficaci per perseguire e punire chi causa consapevolmente danni sistemici all’ambiente e alla salute.

Ecoreati a parte, e detto dell’unica altra nota “ecoparlamentare” positiva cioè la conferma (niente di nuovo, per l’appunto una conferma) degli “ecobonus” per chi ristruttura la propria casa migliorandone il rendimento energetico o la stabilità antisismica, per il resto il Parlamento ha fatto pochissimo per rendere più moderna e sicura la legislazione a tutela dell’ambiente, mentre in diversi casi ha ratificato da notaio scelte del governo – il decreto “Sblocca Italia” che dava il via libera a trivelle petrolifere e inceneritori, le norme “spalma-incentivi” contro i produttori di energie rinnovabili, i decreti per consentire all’Ilva di produrre in deroga alle normative ambientali – radicalmente anti-ecologiche.
Dalla difesa del suolo alle piste ciclabili, sono tanti e importanti i provvedimenti abbandonati su un binario morto e che se approvati potrebbero, meglio dire avrebbero potuto, proteggere meglio il territorio e aiutare al tempo stesso la vita quotidiana degli italiani.

Da ben 1825 giorni è in discussione in Parlamento la legge sul consumo di suolo: dopo un ping-pong tra le due Camere e lunghi periodi di “sonno” con il testo chiuso nei cassetti, entro la prima decade di gennaio il Senato dovrebbe approvarla e trasmetterla alla Camera per il varo definitivo. Traguardo a questo punto decisamente arduo, viste le voci sempre più insistenti su uno scioglimento delle Camere da parte  del Presidente  Mattarella a cavallo di Capodanno. Eppure della legge “salvasuolo” l’Italia avrebbe un disperato bisogno: quasi l’8% del suolo italiano è giàù consumato, molto di più della media europea, con punte di quasi il 13% in Lombardia e Campania. Solo dal novembre 2015 a maggio 2016, mentre in Parlamento fiorivano i tentativi per rendere la norma più digeribile alle “lobby” del cemento, sono stati consumati 5 mila ettari di suolo italiano. Read More…

Trovato il colpevole: è Emiliano. L’ultima “bufala” sul dramma di Taranto

emiliano-845x500Articolo su Huffington Post con Francesco Ferrante

Finalmente, dopo anni di incertezza, è stato individuato il vero colpevole dei problemi drammatici dell’Ilva di Taranto: è il governatore della Puglia Michele Emiliano, che insieme al sindaco della città Rinaldo Melucci ha impugnato davanti al Tar il decretovarato dal governo il 29 settembre scorso con cui veniva modificato il piano di risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico.

Se i “promessi acquirenti” di Arcelor Mittal minacciano di ritirarsi e l’Ilva rischia di chiudere lasciando senza lavoro migliaia di operai – così ha tuonato il ministro dello sviluppo Carlo Calenda, al quale subito ha dato man forte il ministro dell’ambiente Galletti – la colpa è di Regione e Comune “che fanno una sistematica e irresponsabile opera di ostruzionismo”.

Nella realtà gli argomenti di questa indignata levata di scudi contro Emiliano, ripetuti più o meno identici dai sindacatiassomigliano maledettamente a una gigantesca “bufala”, a una delle tanto vituperate “fake-news”. Certo è opinabile che temi come questo, che attengono squisitamente ai compiti del decisore politico, siano “devoluti” alla giustizia amministrativa, ma nel merito è fuori di dubbio che Emiliano con la sua scelta di ricorrere contro l’ennesimo decreto “salva-Ilva” si sia limitato a ribadire, per dirla con la favola di Andersen, che “il re è nudo”, abbia certificato che dietro quest’ultimo provvedimento del governo come dietro tutti gli altri sullo stesso tema che l’hanno preceduto, vi è una stessa inaccettabile “filosofia”: l’Ilva va tenuta in vita a ogni costo perché dà lavoro a migliaia di persone e perché l’acciaio è una produzione strategica. Va tenuta in vita anche a costo di ridimensionare le garanzie a tutela della salute e dell’ambiente.

I risultati di questa scelta sono sotto gli occhi di tutti: malgrado l’evidenza conclamata del dramma ambientale e sanitario rappresentato dall’Ilva, il risanamento del sito industriale è ancora un’ipotesi, i parchi minerali restano a cielo aperto e quando il vento spira dalla fabbrica verso la città Taranto continua riempirsi di polvere rossa avvelenata e le scuole restano chiuse.

Il piano inclinato dei decreti “salva-Ilva” è cominciato nell’estate 2010 con il governo Berlusconi, che autorizzò un innalzamento dei limiti di emissione per il benzo(a)pirene nelle città con oltre 150mila abitanti: nei fatti una misura disegnata sull’Ilva di Taranto. Nel luglio 2012 la Procura tarantina dispose il sequestro dell’area a caldo dell’Ilva e mise sotto indagine penale (e agli arresti) per disastro ambientale i Riva, proprietari dell’impianto; il sequestro venne cancellato pochi mesi dopo, a fine 2012, da un decreto del governo Monti che autorizza l’Ilva a produrre per i successivi 36 mesi in attesa di adeguare gli impianti alle prescrizioni ambientali dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale. Read More…

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