Posts by: Roberto Della Seta

Ilva: il “lavoro sporco” degli ultimi tre governi

ILVA: UE CONTRO ITALIA PER CARENZE CONTROLLI SU TARANTO

Articolo su Huffington Post –

L’Ilva di Taranto non è più soltanto il massimo simbolo di un modello di industria – lo stesso di Porto Marghera o di Bagnoli – che ha praticato per decenni il sistematico disprezzo di ogni garanzia e protezione a difesa dell’ambiente, della salute dei lavoratori e di tutti i cittadini. Oggi è anche di peggio: è il terreno di sperimentazione di leggi che tale disprezzo elevano a norma, a principio giuridico, affermando l’idea che l’interesse di un’impresa debba venire prima della sicurezza del lavoro e della tutela della salute pubblica.

La prova di questa scelta è nella sequenza via via più inquietante di decreti varati negli ultimi anni dai governi Monti, Letta, ora Renzi per impedire alla magistratura l’applicazione all’acciaieria di Taranto di un persino banale precetto costituzionale: nessun interesse privato per quanto economicamente rilevante può contare di più del diritto dei cittadini a un ambiente sano, a un’aria respirabile. Read More…

Dai referendum di Civati un’alternativa di governo per “cambiare verso” (ma davvero)

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Articolo su Huffington Post –

Parte in queste ore la campagna referendaria promossa da “Possibile”, la nuova formazione politica guidata da Pippo Civati, insieme a “Green Italia” e ad altre forze sociali e culturali. L’ambizione non è soltanto di abrogare norme ritenute dannose e anacronistiche, ma di disegnare una vera alternativa di governo: un’alternativa al conservatorismo delle larghe intese che imperversano in Italia come in Europa, fondata sull’ambiente come motore di un’economia rinnovata e più moderna, sulla legalità, sulla difesa dei beni comuni a cominciare dalla scuola pubblica.

I referendum proposti riguardano alcune leggi appena varate dal governo Renzi – legge elettorale, Jobs act, scuola – e poi due questioni direttamente collegate all’ambiente: due quesiti chiedono di cancellare le norme che danno il via libera a trivellazioni petrolifere selvagge in mare e a terra, esponendo così a serissimi danni alcune delle zone di più alto pregio paesaggistico e valore turistico del nostro Paese e frenando al tempo stesso il cammino verso un nuovo modello energetico basato su energie pulite ed efficienza; una terza punta a eliminare la “famigerata” Legge Obiettivo, definita criminogena dal presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Cantone, che ha portato a sistema l’ideologia delle “grandi opere” distruttive sia per l’ambiente che per la legalità.

Un unico filo tiene uniti tra loro i diversi referendum su cui sta cominciando la raccolta di firme (occorre raccoglierne oltre 500 mila per ogni quesito entro settembre). Proporre per il futuro dell’Italia un’altra risposta da quella di chi pensa che i diritti del lavoro siano un lusso, che la scuola pubblica vada equiparata a quella privata, che la democrazia possa essere oscurata da una legge elettorale quasi peggiore – quanto a trasparenza e rappresentanza – dal famigerato Porcellum. E un’altra risposta, anche, da chi continua ad inseguire la logica delle “grandi opere” anti-ecologiche e quasi sempre corruttive – Mose, Expo, Torino-Lione – e da chi di fronte all’urgenza di abbandonare l’energia basata sui fossili per stabilizzare il clima e sconfiggere l’inquinamento immagina per l’Italia una pioggia di pozzi petroliferi,nemmeno fossimo il Texas di un secolo fa. Read More…

Alexander, le visioni di un intellettuale di frontiera

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Articolo  su l’Unità  –

Esattamente vent’anni fa, il 3 luglio 1995, Alexander Langer se ne andava volontariamente da questo mondo impiccandosi a un albero di albicocche a Pian dei Giullari, vicino Firenze. Lasciò un biglietto con queste parole: “non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.

Quando morì, Langer era deputato italiano e capogruppo dei Verdi nel Parlamento europeo. Ma nella sua vita ancora giovane, 49 anni, era stato molto di più: protagonista dei movimenti giovanili nati dal ’68, giornalista (fu direttore del giornale “Lotta Continua”), primo leader riconosciuto dei Verdi italiani. Soprattutto, Alexander Langer è stato un originalissimo intellettuale e politico “di frontiera”.

Fu di frontiera, Langer, nel senso geografico del termine. Era nato a Vipiteno in una famiglia di lingua tedesca – padre austriaco di origini ebraiche, madre altoatesina – ma rifiutò sempre la logica (tuttora operante) delle “gabbie etniche”, in base alla quale chi è nato e risiede nella provincia di Bolzano per accedere ai diritti di cittadinanza deve dichiarare formalmente la propria appartenenza a una delle tre comunità linguistiche (tedesca, italiana, ladina). Per questa sua “obiezione di coscienza”, a inizio 1995 gli fu rifiutata la candidatura a sindaco di Bolzano.

Langer in realtà dava grande valore alle identità, anche alle identità etniche, come radici preziose che legano – quasi naturalisticamente – ogni essere umano alla sua terra. In questo era certamente più tedesco che italiano. Al tempo stesso, la sua “visione civile” di cittadino orgogliosamente europeo si è sempre nutrita di un fortissimo spirito cosmopolita e del tema della convivenza multietnica, fino alla sofferta e disperata battaglia, anche questa squisitamente di frontiera, per convincere l’Europa – e lo stesso movimento pacifista di cui si sentiva parte – a intervenire per fermare la guerra etnica che dilaniava la Bosnia. Separandosi dolorosamente da quei pacifisti “integrali” che respingevano per un principio assoluto ogni ipotesi di intervento armato nella ex-Jugoslavia, Langer opponeva loro la necessità – un imperativo etico prima che una scelta politica – di “una forte autorità internazionale capace di minacciare ed anche impiegare, accanto agli strumenti assai più importanti della diplomazia, della integrazione economica, della informazione veritiera, la forza militare, esattamente come avviene con la polizia sul piano interno degli Stati”. Questo  “capitolo” della vita pubblica di Langer propone oltretutto una drammatica coincidenza di date: il suo suicidio è del 3 luglio 1995, una settimana dopo, l’11, nella città bosniaca di Srebrenica in una zona teoricamente sotto tutela dell’Onu le truppe serbo-bosniache comandate dal generale Mladic sterminarono 10 mila bosniaci di religione musulmana. Read More…

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