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Dall’Expo all’Ilva: larghe intese per la malapolitica

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Articolo su Huffington Post

Un filo lungo quasi quanto l’Italia, sottile ma tutt’altro che invisibile, collega l’Ilva di Taranto ai cantieri milanesi di Expo 2015. Un filo che vede la politica, cioè l’agire pubblico, letteralmente sequestrata da interessi privati e illegali: la corruzione, l’avvelenamento impunito di una intera città.

Naturalmente tra le due vicende passano grandi differenze. Ma esse hanno in comune una caratteristica che a noi sembra il vero marchio di fabbrica dell’attuale malapolitica e anche il suo principale segno distintivo rispetto alla stagione di Tangentopoli.

Prendiamo l’inchiesta della procura milanese che ha portato ieri a numerosi arresti eccellenti, tra cui spiccano i nomi di Primo Greganti e di Gianstefano Frigerio. Greganti e Frigerio, come si sa, furono già protagonisti delle inchieste di “Mani pulite”: uno come collettore delle tangenti destinate all’allora Partito comunista, l’altro da segretario lombardo della Democrazia Cristiana (poi sarà parlamentare con Forza Italia) come concussore e corrotto in diversi filoni delle indagini (entrambi furono condannati in via definitiva).

Ma il loro ruolo in questo nuovo scandalo sembra diverso, e diverso sembra il contesto: non più un sistema generalizzato di corruzione con terminali autonomi in ognuno dei principali partiti, piuttosto un’unica “cupola” di faccendieri, intermediari, manager pubblici infedeli che prende soldi per sé e magari per la politica.
Ciò che colpisce, di questo attuale scenario, è per l’appunto l’unicità e la trasversalità della “cupola”. In Tangentopoli la corruzione accomunava quasi tutti i partiti ma non ne cancellava le “tipicità” politiche, sociali, culturali. Read More…

Cinquestelle: e prenderli sul serio?

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Articolo di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante su Huffington Post –

Le reazioni indignate di fronte alla deriva truculenta di molti eletti grillini sono largamente condivisibili. Su questo c’è poco da discutere. Gli insulti a Laura Boldrini o a Daria Bignardi, le offese da maschi mediocri e ubriachi alle deputate Pd, i blitz in sala stampa alla Cameraper impedire ai deputati di altri gruppi di rilasciare dichiarazioni o interviste, sono di più e di peggio di una strategia furba per tenere il centro della scena mediatica: rivelano un’idea della politica e dell’azione civile fatta di disprezzo per la dialettica e per il confronto tra posizioni diverse, che apparenta i Cinquestelle a tutti i più beceri populismi, dal russoZhirinovskij a Borghezio, dai Le Pen ai neonazisti di “Alba Dorata“.

Le ottime, fondatissime ragioni per le quali tanti italiani hanno votato Grillo – disgusto anti-casta, paura di vivere in un Paese sempre meno prospero e accogliente per i suoi stessi cittadini, rifiuto di classi dirigenti immobili e autoreferenziali, voglia un po’ disperata di una politica che anteponga l’interesse generale, il bene comune, i beni comuni agli interessi di partito e di fazione – naturalmente non giustificano questo progressivo scivolamento degli eletti Cinquestelle sul piano inclinato del peggiore qualunquismo. Non per proporre paragoni decisamente smisurati, ma avevano buone ragioni anche i tedeschi che all’inizio degli anni Trenta, atterriti e consumati da una crisi economica devastante, si affidarono alle promesse di rinascita nazionale di Hitler (i nazisti nelle elezioni del 1933 ottennero il 40%dei voti); o gli italiani che fiaccati dalla guerra e spaventati dal caos politico del dopoguerra nel 1921 fecero di Mussolini uno dei neo-parlamentari più votati d’Italia.

La verità è che mai come ora, di fronte a un movimento Cinquestelle che mostra per intero sia le sue ombre sia il carattere niente affatto effimero del suo “feeling” con una parte non piccola della società italiana, bisognerebbe che chi osserva Grillo e i suoi “cittadini” e li “commenta”, chi li avversa e chi invece simpatizza per loro, scacciasse due tentazioni opposte ed entrambe, nei due campi, assai ricorrenti. Read More…

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