il manifesto

Meglio riprendere il mare

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Articolo sul Manifesto del 19/1/14 di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante – 

L’appello «Inver­tire la rotta» pro­mosso tra gli altri da Ste­fano Rodotà, Guido Rossi, Luciano Can­fora, e ospi­tato recen­te­mente dal mani­fe­sto, dice una cosa fon­da­men­tale e sacro­santa: le poli­ti­che euro­pee anti-crisi degli ultimi sei anni hanno pro­vo­cato molti più danni — sociali, eco­no­mici, poli­tici — che bene­fici. Ele­vando a totem unico e intoc­ca­bile il cri­te­rio del pareg­gio di bilan­cio, hanno deter­mi­nato o favo­rito — basti pen­sare al caso greco —

l’amplificazione della sof­fe­renza sociale por­tata dalla crisi stessa, e quasi azze­rato la pos­si­bi­lità di un’azione pub­blica di soste­gno alla domanda e al mer­cato interno; ancora, accre­di­tando l’idea di un’Europa «matri­gna» che impone ai governi nazio­nali scelte impo­po­lari, hanno di fatto ali­men­tato la marea mon­tante del popu­li­smo anti-europeo che rischia di «sfon­dare» nelle immi­nenti ele­zioni per il rin­novo del par­la­mento di Strasburgo.

Per que­sto c’è un biso­gno urgente, quasi dispe­rato di quelli che Bar­bara Spi­nelli chiama gli «euro­pei­sti insu­bor­di­nati»: movi­menti, asso­cia­zioni, par­titi, per­sone che si rico­no­scono nell’idea di un’Europa fede­rale e demo­cra­tica, e che rifiu­tano l’alternativa tra la linea ultra­con­ser­va­trice, tutta all’insegna del taglio ai bilanci pub­blici, delle attuali lea­der­ship euro­pee, e l’antieuropeismo che dalla Lega a Grillo, dal «Front Natio­nal» a tutte le destre xeno­fobe e popu­li­ste chiede di tor­nare alle sovra­nità — poli­ti­che, eco­no­mi­che, mone­ta­rie — delle sin­gole nazioni. Insomma: sono le attuali poli­ti­che euro­pee — di destra — da com­bat­tere, non è certo l’idea di un’Europa fede­rale e democratica. Read More…

Giornalismo e «disinformazia» sulla Torino-Lione

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Articolo di Roberto Della Seta, Monica Frassoni, Beppe Gamba sul “Manifesto” – 6 novembre 2013

Nella «guerra fredda» che si com­batte da oltre un decen­nio sul pro­getto Tav Torino-Lione, l’informazione ha sem­pre gio­cato un ruolo rile­vante. Così sul fronte del movi­mento no-Tav, spe­cia­liz­za­tosi in uno sforzo costante di «contro-informazione», e così dalla parte dei soste­ni­tori dell’opera, che deci­sa­mente più rap­pre­sen­tati e influenti nelle cabine di comando dei grandi media fanno spesso ricorso agli stru­menti clas­sici della «disin­for­ma­zia». È un esem­pio di disin­for­ma­zione la pagina uscita su la Repub­blica di alcuni giorni fa a firma di Paolo Gri­seri. L’articolo parte dalla seguente domanda reto­rica: per­ché men­tre in Pie­monte la fer­ro­via che buca la mon­ta­gna è vista da molti come un disa­stro per l’ambiente e come un immenso spreco di denaro pub­blico, in Sviz­zera invece il nuovo tun­nel fer­ro­via­rio del Got­tardo – ana­logo per lun­ghezza e per costo — è stato accolto da tutti, Verdi ed eco­lo­gi­sti in testa, come un’opera «sal­vi­fica»? Domanda reto­rica per­ché per Gri­seri la rispo­sta è scon­tata: la sola dif­fe­renza tra le due vicende sta nel fatto che l’Italia è il Paese del Nimby, del loca­li­smo, del par­ti­co­la­ri­smo, della con­ser­va­zione, e invece in Sviz­zera ogni cit­ta­dino, gruppo, comi­tato sa rico­no­scere e far pre­va­lere l’interesse gene­rale e le esi­genze del pro­gresso.

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