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Se il Partito democratico diventa il partito delle “mani sulla città”

corruzione

Articolo su Huffington Post – 

Capiterà mai che il Pd cacci o metta ai margini un suo dirigente prima che arrivi la magistratura ad arrestarlo o processarlo per corruzione e abusi vari? Capiterà mai che i Democratici capiscano che un conto è la sanzione penale, che ha i suoi tempi (lunghi) e le sue regole (giustamente garantiste) e un conto la sanzione reputazionale, cioè la scelta di allontanare i troppo “chiacchierati”, di provare a costruire un rapporto meno torbido tra politica e denaro? Insomma: il Pd saprà arrestare la deriva che rischia di trasformarlo nella riedizione contemporanea del partito delle “mani sulla città” raccontato mezzo secolo fa in un film memorabile da Francesco Rosi?

Finora non è quasi mai accaduto. Non è accaduto con Penati, capo segreteria dell’allora leader Pd Bersani fino all’esplodere dello scandalo sulle tangenti a Sesto San Giovanni. Non è accaduto a Taranto, dove alle scorse elezioni il Pd ha ricandidato senza battere ciglio un deputato uscente – Ludovico Vico – che al telefono con i collaboratori dei Riva prometteva di far “buttare sangue” a chi nel suo partito rompeva le scatole ai signori dell’Ilva. Non è accaduto nel Lazio alle scorse regionali, con i consiglieri Pd indagati per malversazioni che Zingaretti ha messo fuori dalle liste e ora siedono in Parlamento. Non è accaduto per le primarie regionali liguri: prima del voto con gli allarmi e le denunce di Cofferati sui rischi di inquinamento del voto lasciati senza risposta, dopo il voto con la condanna ipocrita da parte dei vertici del Pd della decisione, inevitabile, dello stesso Cofferati di abbandonare quello che fino a una settimana fa era il suo partito. Read More…

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